Giolitti nacque nel 1842 in provincia di Cuneo, da da famiglia borghese e morì a
Cavour nel 1928. Compie i propri studi presso l'istituto San Francesco
(l'attuale Liceo Gioberti). Nel 1861 all'università di Torino, a
diciannove anni, ottiene una laurea in Giurisprudenza. Grazie
all'intervento dello zio ex-deputato che è amico di un collaboratore di
Cavour, inizia l'interesse per la politica.
Nel 1862 ha inizio la
carriera politica vera e propria di Giovanni Giolitti; dal Ministero di
Grazia e Giustizia passa alle Finanze nel 1869. Qui coadiuva e aiuta i
ministri, tra cui Quintino Sella, a pareggiare i malmessi bilanci dello
Stato. Raggiunge la posizione di caposezione, fino al 1877, anno in cui è
scelto per la Corte dei Conti. Nell'anno 1882 avvengono due fatti
importanti che ne segnano definitivamente la carriera. Viene nominato al
Consiglio di Stato, organo supremo di consultazione
Giuridico-Amministativa, e viene eletto, alla sua prima candidatura al
ruolo di deputato.Nel corso del 1886 ingaggia, una dura bagarre con il
governo di Agostino Depretis, in relazione alla politica degli
investimenti dello stato.
Diventa, nel 1889, ministro del Tesoro ed
anche delle Finanze; questi incarichi gli sono affidati nel corso del
secondo governo guidato da Francesco Crispi, con il quale va in
disaccordo nel 1890, a causa della politica coloniale. Si dimette da
entrambe gli incarichi.Nel 1892 cade il governo del Marchese Antonio
Starabba di Rudinì, e il Sovrano Umberto I gli assegna la carica per
formare il primo dei cinque governi da lui guidati.
Già il 15
dicembre 1893 il primo governo di Giovanni Giolitti è in crisi e cade.
Le cause sono le proteste dei più abbienti per la sua politica lassista a
favore delle classi meno agite, il crack della Banca Romana e il
ventilato progetto di introdurre nuove imposte che gravano sui più
benestanti.
Dal 1893 al 1901 è all'opposizione. Il 15 febbraio 1901
Giolitti è uno dei maggiori fautori della caduta del governo
dell'avvocato Giuseppe Saracco, che è caratterizzato da una politica di
repressione come tutti gli altri governi dopo il suo. Dall'anno 1901 al
1903 ricopre la carica di Ministro degli interni del Governo dell'ormai
anziano Giuseppe Zanardelli, di cui è uno dei più validi collaboratori e
"suggeritori".
Nel novembre del 1903, e più precisamente il giorno
3, è di nuovo a capo del Governo: Giolitti addotta una politica di
coesione delle sinistre, cerca la collaborazione del Socialista Filippo
Turati e reprime le ventate reazionarie accettando anche la
collaborazione dei costituendi organi sindacali, e talvolta giustifica
gli scioperi; sostanzialmente adotta la tattica del dialogo con le
controparti.
Nonostante i conservatori lo tacciano come un
rivoluzionario, nel corso del suo governo sono varate importanti leggi
di tutela per i lavoratori; il 22 aprile del 1905 nascono le Ferrovie
dello Stato e vengono varate grandi opere pubbliche.
Dopo piccole
cadute di governo e cambi di rotta, dovuti a rimpasti politici di scarsa
entità, il giorno 29 maggio 1906, Giovanni Giolitti riceve l'incarico
di formare il suo terzo governo. Grazie a manovre di consolidamento
finanziario durante questa legislatura viene sanato e arricchito il
bilancio pubblico, si completa l'opera di nazionalizzazione delle FS e
si gettano le basi per statalizzare le assicurazioni. Vengono inoltre
date alla luce nuove importanti leggi per il lavoro minorile e per la
condizione sociale della popolazione lavoratrice femminile. Vengono
promulgate leggi speciali a tutela di un mezzogiorno che è colpito nel
1808 da un grave terremoto in terra siciliana, per il quale il governo
di Giolitti e lo Stato si fanno carico in maniera del tutto eccezionale.
Alle
elezioni del 1909, Giovanni Giolitti è sempre vincitore ma per un vizio
di forma preferisce rimanere ai margini dell'azione. Comunque si
succedono a lui alcuni dei suoi fedelissimi, tra cui Luigi Luzzatti e
Sidney Sonnino. È durante queste Legislature che sia il Governo che
direttamente Giolitti si esprimono a favore dell'idea del suffragio
universale, che però è poi a vantaggio dei partiti di massa, tra i quali
il partito fascista che ne favorisce maggiormente, travisando
l'iniziale idea di giolittiana impronta.
Il 30 marzo 1911 lo statista
ha l'incarico di formare il suo quarto governo. Nasce l'INA e il
progetto del suffragio universale è portato a termine. Nel settembre del
1911, forse per accontentare l'opposizione, il Governo dell'Italia
intraprende una nuova guerra coloniale in Libia. Grazie a questa
manovra, e forse ad altre riguardanti l'introduzione di un'indennità per
i deputati, svanisce definitivamente l'idea di una collaborazione con i
Socialisti che ora hanno un nuovo leader: Benito Mussolini.
Nell'ottobre
1913, riaperte le urne elettorali, si constata un evidente calo della
maggioranza Giolittiana. Dopo alcuni insuccessi legislativi il 21 marzo
1914 Giovanni Giolitti è costretto a dimettersi. Dal punto di vista
storico termina quel periodo definito come "età giolittiana", che va dal
1901 al 1914.
Allo scoppio del primo conflitto mondiale, lo statista
non è al governo, fa comunque di tutto per influenzarlo. Esso deve
mantenere una posizione neutrale rispetto alle posizioni aggressive
degli altri membri della triplice alleanza. Il governo si divide tra
interventisti e neutralisti, e grazie ad una serie di accorgimenti
politici "Giolittiani" il giorno il 24 maggio dello stesso anno, lo
Stato Italiano è in guerra contro l'Austria che è in teoria suo alleato.
Giolitti è indicato come traditore del pensiero nazionale da parte
dell'opposizione.
Il giorno 15 giugno 1920 lo statista inizia quello
che è riconosciuto come il suo quinto governo. La politica adottata nei
confronti delle agitazioni sociali è la medesima di quella dei governi
precedenti. La forte crisi post-bellica crea nuovi contrasti tra le
varie classi sociali; emergono i fascisti di Benito Mussolini. La
questione della liberazione della città di Fiume che è emersa durante il
primo conflitto mondiale si chiude definitivamente. Alcuni emendamenti
Giolittiani deteriorano indissolubilmente i rapporti tra lo Statista e
la monarchia.
Il 4 luglio 1921 è la data dell'ultimo giorno di
Giolitti come capo del Governo Italiano. Si ritira in quel di Cavour,
cittadina in provincia di Torino, durante l'ascesa del fascismo. Molti
dei suoi fedelissimi lo rivogliono a Roma per difendere le idee
liberarli da lui instaurate.
A partire del 1925, grazie anche alla
"scomparsa" di Giacomo Matteotti del 10 giugno 1924, esce
progressivamente dalla vita politica schierandosi comunque contro il
neo-governo fascista.
Giovanni Giolitti muore nella sua casa di Cavour nella notte del giorno 17 luglio 1928, all'età di 86 anni.