Edda Mussolini coniugata Ciano, contessa di Cortellazzo e Buccari, è stata una dei cinque figli di Benito Mussolini.
È stata insignita della Medaglia d'Argento al Valor Militare per l'opera di assistenza svolta anche a rischio della vita, durante la prima fase della Seconda Guerra Mondiale, come crocerossina, sia sul fronte russo che in Albania, dove la nave su cui svolgeva servizio venne affondata.
Edda nasce a Forlì ed è la primogenita di Benito Mussolini e Rachele Guidi. La coppia in quel tempo non è sposata, in ossequio alle idee anarco-socialiste di Mussolini, quindi Edda viene registrata all'anagrafe come figlia illegittima dal padre Benito, con l'indicazione "N. N." al posto del nome materno. Ciò farà poi nascere la leggenda (sfruttata talvolta a scopi politici) secondo cui sua madre sarebbe stata Angelica Balabanoff, una militante socialista israelita di origine russa che ebbe una relazione con Mussolini all'epoca in cui entrambi erano esuli in Svizzera.
Edda sposa a Roma, il 24 aprile 1930, Gian Galeazzo Ciano, da cui avrà tre figli: Fabrizio (detto Ciccino), Raimonda (detta Dindina) e Marzio (detto Mowgli). Le nozze, avvenute a Roma, segnano l'avvio dell'inarrestabile ascesa politica del marito come 'delfino' di Mussolini.
Dopo una parentesi in diplomazia, Ciano diventa prima sottosegretario alla Stampa e Propaganda e poi ministro degli Esteri. Nel 1939, con l'occupazione italiana dell'Albania, la città di Saranda prende il nome di Porto Edda, che conserva fino al 1944. Filotedesca, Edda appoggerà sempre le posizioni del padre sulla guerra, più tentennante sarà il marito Galeazzo.
Di personalità intraprendente e irrequieta, presenta comportamenti da lei stessa in seguito definiti "da maschiaccio", che la porteranno non di rado a scontrarsi con il potente padre che, a tale proposito, pare ebbe a dire: "Sono riuscito a sottomettere l'Italia, ma non riuscirò mai a sottomettere mia figlia". Il suo carattere indomito si manifesta sia da bambina (portata a studiare nel collegio delle signorine "bene" di Poggio Imperiale, si fa ritirare dopo poco), sia da ragazza (è una delle prime donne a portare i pantaloni ed il bikini), sia da adulta (tradisce - ricambiata - il marito, fuma, gioca d'azzardo).
Il 25 luglio 1943 Ciano vota l'Ordine del giorno Grandi di sfiducia a Mussolini, un voto che gli costa l'accusa di alto tradimento e che dà inizio alla personale tragedia di Edda, la quale conduce una dura battaglia solitaria per salvare la vita del marito, cercando di barattarla con i diari del medesimo, fortemente critici verso la Germania. Edda ha furiosi scontri con il Duce, nonché con la madre Rachele, nel tentativo di salvare il marito dalla condanna a morte seguita al Processo di Verona, nel 1944, e solo molti anni dopo dichiarerà di aver perdonato suo padre per non aver potuto o voluto salvare la vita di Galeazzo. Della madre dirà: "Lei ha difeso il suo uomo, io ho difeso il mio".
Rimasta definitivamente sola, dopo la fucilazione del marito, avvenuta l'11 gennaio 1944, Edda si rifugia con i figli in Svizzera, dove viene ospitata nel piccolo convento delle suore domenicane di Neggio. Dopo quattro mesi dalla fine della guerra e dalla fucilazione di Mussolini, dietro richiesta del governo italiano, gli svizzeri fanno uscire Edda dal paese. Viene condannata a due anni di confino sull'isola di Lipari. Dopo un anno beneficia dell'amnistia promulgata da Palmiro Togliatti, in quel momento ministro della Giustizia, e si ricongiunge ai figli. Si ritira infine a Capri alternando la permanenza nella sua villa con quella nella casa romana.
In età avanzata Edda Ciano ha rilasciato una serie di interviste, registrate nel 1989 da un amico di vecchia data, nelle quali racconta per la prima volta la sua vita, in particolare l'adolescenza, il suo rapporto con i genitori, le loro passioni, l'ascesa al potere del padre, i suoi amori, le guerre, la vita mondana, le tragiche giornate di Verona. Edda Ciano muore a Roma l'8 aprile 1995; è sepolta a Livorno, nel Cimitero della Purificazione, accanto al marito Galeazzo.
Una dei suoi tre figli, Raimonda Ciano, fu allieva del Collegio S. Elisabetta, gestito dalle suore Francescane Missionarie del S. Cuore.