Nato ad Andria in un'agiata famiglia, il padre Salvatore, che ricopriva cariche
amministrative feudali, fu un grande appassionato di musica e volle
indirizzare entrambi i figli a professioni del settore, facendo studiare
Riccardo, il maggiore, da compositore e Carlo da cantante. Fu il
fratello Riccardo a volere per Carlo la castrazione, eseguita poco dopo
la morte del padre, avvenuta nel 1717. La castrazione è un'operazione
chirurgica che consente ai maschi di poter conservare la propria voce
di soprano o contralto prima che lo sviluppo possa modificarla. Si deve
notare che, a seconda della modalità dell'operazione chirurgica a cui
erano sottoposti, i castrati potevano avere uno sviluppo sessuale
parziale, e quindi anche sviluppare una parziale mutazione della voce.
ll
giovane fu mandato a Napoli, per studiare canto con Niccolò Porpora che
curò l'affinamento del suo naturale talento di soprano. Il suo debutto avvenne a
Napoli, nel 1720, nella serenata "Angelica e Medoro" (del Porpora), al
fianco di Marianna Benti Bulgarelli, detta la Romanina, di Domenico
Gizzi, Musico Soprano della Real Cappella e del Contralto Francesco
Vitale, in una soirée in onore dell'Imperatrice d'Austria. Il libretto
era la prima prova teatrale di Pietro Metastasio, che strinse col
Broschi un'amicizia che durò tutta la vita ed è testimoniata da un
interessante carteggio. Riscosse un ottimo successo e le successive
esibizioni gli valsero una crescente rapida notorietà.
Nella
stagione del Carnevale del 1722 fece il suo esordio in teatro a Roma,
cantando, nel Teatro Alibert, nel dramma per musica "Sofonisba" del
bolognese Luca Antonio Predieri ed nel "Flavio Anicio Olibrio" di
Porpora, di nuovo a fianco di Domenico Gizzi e di Francesco Vitale. Nel
1723 e nel 1724 fu nuovamente a Roma per le trionfali Stagioni di
Carnevale, sempre al Teatro Alibert, in produzioni drammatiche di
assoluto prestigio: "Adelaide" di Nicola Porpora nel 1723 e "Farnace" di
Leonardo Vinci nel 1724, sempre al fianco del Gizzi. Cantò, negli anni successivi, a Roma, Vienna, Venezia, Milano, Bologna.
Il
pubblico del tempo adorava il virtuosismo, che nei cantanti consisteva
soprattutto nell'esecuzione di variazioni arbitrarie ai brani cantati,
in cui l'aspetto della difficoltà tecnica estrema arricchiva la pura
espressione dei sentimenti della musica. Erano anche frequenti "duelli"
tra musicisti. Se a Roma Broschi aveva vinto (1722) una sfida contro un
trombettista tedesco, sulla tenuta lunga di una nota altissima, a
Bologna (1727) sorse la competizione con Antonio Maria Bernacchi, allora
uno dei più importanti castrati della scena musicale. In realtà, oltre
alla forzatura spettacolare, non vi fu antagonismo personale fra i due,
tanto è vero che lo stesso Bernacchi, di una ventina d'anni più anziano,
fu ben prodigo di consigli e suggerimenti verso il giovane pugliese.
Già a Napoli nel 1725 era stato notato da Johann Joachim Quantz in
occasione della prima rappresentazione del Marc'Antonio e Cleopatra di
Hasse; Quantz che ne aveva magnificato con entusiasmo la purezza di
timbro ed estensione di scala, la nitidezza di trillo ed inventiva. La
vittoria su Bernacchi, però, incrementò notevolmente la fama di Broschi,
la cui attività divenne (per la misura dei tempi) alquanto frenetica.
Nel 1730 Farinelli fu ammesso all'Accademia Filarmonica di Bologna. Nel
1734, Carlo Broschi si trasferì a Londra e cantò presso l'Opera della
Nobiltà al Lincoln's Inn Fields, che era diretta da Porpora e vedeva
Francesco Bernardi, detto il Senesino, come cantante principale. La sua
fama era immensa, e i proventi che ottenne nei tre anni in cui soggiornò
in Inghilterra superarono le 5.000 sterline. Questi anni, l'apice della
sua gloria come artista di scena, furono anche gli anni della cocente
rivalità tra i due gruppi teatrali residenti a Londra, quello di Georg
Friedrich Händel, sostenuto dal re Giorgio II, e quello di Porpora,
sostenuto dal Principe di Galles e dalla nobiltà.
La prima
apparizione al teatro Lincoln's Inn Fields fu in Artaserse, di cui la
maggior parte delle musiche erano state scritte dal fratello, Riccardo
Broschi. Il successo fu istantaneo. Federico principe di Galles e la
corte lo accolsero con lodi e onori. Ma nemmeno il contributo di
Farinelli portò l'impresa al successo.
Nel 1737, stanco delle
incessanti acredini che opponevano i due gruppi teatrali, Farinelli
accettò l'invito di Elisabetta Farnese, moglie di Filippo V di Spagna.
Durante il viaggio passò per la Francia, e cantò per Luigi XV. Il re
spagnolo, che soffriva di nevrastenia e malinconia, aveva abbandonato la
vita pubblica, gli affari di Stato e manifestava segni di follia. La
regina Isabella invitò quindi Farinelli ad esibirsi davanti a suo
marito, nella speranza che potesse risvegliarlo dall'apatia. L'episodio è
rimasto celebre, e contribuì ad accrescere la leggenda che circonda il
cantante. La voce di Farinelli fece un tale effetto su Filippo V, che
non volle più separarsi dal cantante. La "terapia" quotidiana consisteva
nel far cantare il castrato sempre le stesse otto o nove arie, di
cui la prima era "Pallido il sole", dall'Artaserse di Johann Adolf
Hasse. Da una stanza diversa da quella del sovrano, le prime volte
dalla stanza più lontana e via via sempre più vicina fino ad arrivare
dietro la porta, il cantante riuscì a far uscire il sofferente Filippo,
lo fece lavare e radere. Il re gli fece promettere di
restare alla corte di Spagna, corrispondendogli uno stipendio di 2000
ducati, con l'unica richiesta di non cantare più in pubblico.
Divenuto
criado familiar dei re di Spagna, il cantante vide la sua importanza
crescere con l'ascesa al trono di Ferdinando VI di Spagna, che lo nominò
cavaliere di Calatrava, un'alta carica, riservata ai gentiluomini che
potevano provare la nobiltà e l'antichità delle loro famiglie.
Broschi-Farinelli, favorito dal monarca, esercitò sulla corte, e sulla
politica, una grande influenza. Gli si devono i primi lavori di bonifica
delle rive del Tago, e diresse l'opera di Madrid e spettacoli reali.
Utilizzò il suo potere persuadendo Ferdinando a instaurare un teatro
d'opera italiano. Collaborò anche con Domenico Scarlatti, compatriota
napoletano, anch'egli residente in Spagna. Il musicologo Ralph
Kirkpatrick afferma che la corrispondenza di Farinelli è la fonte della
"maggior parte delle informazioni di prima mano su Scarlatti giunte a
noi".
Rispettato da chiunque, sommerso di doni, adulato sia dai
diplomatici avversi alla Francia, sia da quelli francesi che avrebbero
voluto vedere la Spagna firmare il Patto di famiglia, conservò questa
posizione di rilievo fino all'avvento di Carlo III, il quale,
probabilmente a causa dell'eccessiva influenza del cantante, lo
allontanò nel 1759.
Farinelli si ritirò allora a Bologna, e morì
nella sontuosa villa che aveva fatto costruire in vista del suo ritiro
(fuori Porta Lame, oggi distrutta). Malgrado le numerose visite che vi
ricevette (tra cui quelle di Wolfgang Amadeus Mozart allora adolescente,
e di Giuseppe II d'Austria), Farinelli soffrì fino alla morte di
solitudine e di malinconia.
Si
spense il 16 settembre 1782, qualche mese dopo il suo amico Metastasio,
lasciando una collezione d'arte e di strumenti musicali sfortunatamente
dispersa dai suoi eredi, tra cui un violino di Antonio Stradivari. Di
lui resta qualche bel ritratto dipinto da Jacopo Amigoni e Corrado
Giaquinto, e le lettere ai suoi amici. Malgrado la leggenda, resta un
personaggio relativamente misterioso. Agli amici che lo pregavano di
redigere le sue memorie, aveva risposto: «Mi basta che si sappia che non
ho avuto pregiudizi su nessuno. Che si aggiunga anche il mio dispiacere
di non aver potuto fare tutto il bene che mi sarei augurato.»